Lo zafferano è la spezia più antica tra quelle che usiamo in cucina.
Si hanno tracce del suo utilizzo già dai papiri egizi 1.500 anni circa prima di Cristo. Anche gli antichi Greci e i Romani lo adoperavano, addirittura nell’epoca dell’Imperatore Tito (80 d.C.) veniva periodicamente effettuata un’aspersione di polvere di zafferano per ingentilire gli odori acri che ristagnavano nei pressi del Colosseo.
L’Italia è oggi una delle principali aree di coltivazione della specie più pregiata: la crocus sativus. Essa richiede molta esperienza e grande attenzione nel trattamento dei bulbi ma soprattutto nella delicata raccolta degli stimmi che deve essere effettuata rigorosamente a mano.
La semina viene fatta ad agosto mentre la raccolta avviene nel mese di novembre. Durante la fioritura bisogna separare gli stimmi dai fiori per poi essiccarli e lasciarli maturare per svariati mesi. Si tratta di una fase molto delicata perché ogni fiore ha solo 3 stimmi e per ottenere appena 1 grammo di zafferano ci vogliono ben 200 fiori, pertanto vanno maneggiati con estrema cura.
In foto: “Riso, oro e zafferano”, celebre piatto firma del Maestro Gualtiero Marchesi.
Quando parliamo di zafferano immediatamente lo associamo al “risotto alla milanese” della tradizione lombarda ma ancor di più alla celebre reinterpretazione del Maestro Gualtiero Marchesi con il suo piatto firma “Riso, oro e zafferano“.
Un piatto dove è protagonista assoluto e rappresenta l’anello di congiunzione tra un ingrediente povero come il riso e un ingrediente ricco come la foglia d’oro 23 carati. Gli stimmi devono essere quindi di altissima qualità e utilizzati rigorosamente interi in modo da sprigionare il loro colore dorato e il loro aroma, caratterizzando il piatto anche dal punto di vista estetico.
Anche per il suo elevato costo, lo zafferano va sempre acquistato in pistilli e mai in polvere perché quest’ultima è più facilmente soggetta a frodi o indice di scarsa qualità.