La pasta, si sa, in Italia bene o male tutti la sappiamo fare e l’unica cottura ammissibile è quella rigorosamente “al dente” !
Oltre ad essere più piacevole al palato dando quella sensazioni di “masticabilità” che ci piace tanto, risulta essere anche molto più digeribile rispetto a una pasta cotta più a lungo o addirittura scotta.
La pasta secca, tradizionalmente ottenuta dal grano duro, è una ricca fonte di carboidrati complessi rappresentati dall’ amido. Si tratta di un polisaccaride di origine vegetale composto in prevalenza da amilopectina (amido ceroso di maggior qualità che non viene perso in cottura) e in quantità minore da amilosio (amido più grossolano che viene rilasciato durante la cottura).
In foto: spaghetti pronti per essere cotti in acqua bollente.
La cottura, cioè la temperatura, permette all’amido di gelificare e quindi di essere reso disponibile per l’organismo come nutriente, tuttavia una percentuale di esso non viene assimilata dal nostro corpo: il cosiddetto amido resistente. Esso viene quindi direttamente espulso senza richiedere una prolungata attività di digestione.
La pasta cotta “al dente” ha una percentuale maggiore di amido resistente rispetto a una pasta stracotta e quindi risulta più digeribile richiedendo un minor lavoro da parte del nostro organismo per essere scissa in singole componenti ed essere così assorbite dall’intestino.
Ma come si fa a capire quando la pasta è “al dente”? Assaggiandola.
Oppure osservando la sezione interiore in prossimità del morso che deve presentare una sottilissima anima centrale leggermente più bianca rispetto alle parti più esterne.