I formaggi rappresentano uno dei temi più affascinanti e complessi del nostro patrimonio gastronomico. Il termine “formaggio” deriva dal greco formos che indica il “cesto in vimini” nel quale veniva riposto il latte cagliato, mentre “cacio” deriva dal latino caseus, da qui “casaro” colui che produce “prodotti caseari”.
Un giorno un pastore trovò morte alcune pecore del suo gregge, decise così di utilizzare i loro stomaci per ricavare delle otri in cui trasportare il latte. Quest’ultimo, scaldato e sbattuto a causa del lungo cammino sotto il sole, si trasformò in una sostanza differente per consistenza e colore grazie anche al contatto con gli enzimi gastrici della pecora. Fu così che venne scoperta la cagliata da cui derivò poi la primissima forma di cacio.
Il formaggio può essere classificato prevalentemente secondo 8 criteri:
- Animale di origine
- Trattamento termico del latte
- Trattamento termico della cagliata
- Consistenza della pasta
- Tipo di pasta
- Contenuto in grassi
- Periodo di stagionatura
- Tipo di crosta
1) ANIMALE DI ORIGINE
– latte bovino/vaccino: mediamente ha una resa del 12% (da 100 litri di latte si ricavano 12 kg di formaggio in relazione al contenuto proteico) con contenuto in grassi del 4%. La presenza di carotenoidi determina il colore che può risultare quindi più o meno giallo. I profumi e i sapori sono generalmente equilibrati.
– latte caprino: mediamente ha una resa dell’ 11% con contenuto in grassi del 4%. Ha quindi un tenore proteico leggermente inferiore rispetto a quello vaccino ed è privo di carotenoidi, pertanto i formaggi ottenuti con questo latte sono sempre molto chiari. Si presta molto bene alla produzione di formaggi freschi, meno a quelli di lunga stagionatura. Seppur la differenza è minima, il latte caprino contiene meno colesterolo rispetto a quello vaccino e ovino.
– latte ovino: mediamente ha una resa del 17% con contenuto in grassi del 7%. Nonostante sia più grasso del latte caprino risulta più digeribile. Il tenore proteico è elevato mentre la presenza di carotenoidi è minima. I profumi e i sapori sono ampi, intensi, talvolta disarmonici.
– latte bufalino: mediamente ha una resa del 25% con contenuto in grassi dell’11%. Il contenuto proteico è molto elevato mentre i carotenoidi sono pressoché assenti, conferendo un colore bianco ai formaggi derivati.
– latte misto
2) TRATTAMENTO TERMICO DEL LATTE
– latte crudo: il latte non viene portato mai oltre i 40°C per preservare al meglio le proprietà nutrizionali e le qualità organolettiche di origine. Dopo la mungitura viene refrigerato.
– latte termizzato: il latte viene portato a una temperatura compresa tra 57°C e 68°C per almeno 15 secondi. In questo modo si preserva buona parte della flora batterica senza tuttavia garantire la completa eliminazione di eventuali microrganismi patogeni.
– latte pastorizzato: il latte viene portato a una temperatura di almeno 72°C per 15 secondi o 63°C per 30 minuti oppure qualsiasi altra combinazione che consenta di rendere il latte salubre e sicuro da un punto di vista microbiologico sacrificando però le proprietà nutritive e le peculiarità organolettiche, ciò richiede l’aggiunta di fermenti sotto forma di starter o innesti.
3) TRATTAMENTO TERMICO DELLA CAGLIATA
– pasta cruda: dopo la rottura, la cagliata non viene sottoposta ad alcun trattamento termico. Generalmente, con le dovute eccezioni, i formaggi a pasta cruda sono anche a pasta molle.
– pasta semicotta: la cagliata, dopo essere stata rotta, viene cotta a una temperatura inferiore a 48°C. Generalmente si ottengono formaggi a pasta semidura.
– pasta cotta: una volta rotta, la cagliata viene sottoposta a una temperatura tra 48°C e 56°C. Generalmente si ottengono formaggi a pasta dura.
4) CONSISTENZA DELLA PASTA
– pasta molle: la percentuale di umidità contenuta è superiore al 45%.
– pasta semidura: l’umidità è compresa tra il 40%-45%.
– pasta dura: possiede meno del 40% di umidità.
5) TIPO DI PASTA
– pasta filata: dopo la rottura, la cagliata viene lasciata immersa nel siero per un tempo variabile al fine di favorire una particolare acidificazione che la predispone al successivo trattamento termico e meccanico per renderla elastica e modellabile. I formaggi a pasta filata derivano generalmente da latte vaccino e latte bufalino.
– pasta pressata: la cagliata viene sottoposta a una determinata pressione per un tempo variabile in modo tale da favorire l’espulsione del siero residuo e ottenere formaggi con caratteristiche diverse in relazione all’intensità e alla durata della pressatura.
– pasta erborinata: la pasta contiene muffe di colore verde/blu sviluppatesi naturalmente o indotte attraverso l’abile foratura delle forme.
– pasta aromatizzata: la pasta durante la fase di lavorazione viene addizionata con aromi non indispensabili per legge o per tradizione al fine di conferire al formaggio una maggior personalità.
6) CONTENUTO IN GRASSI
– formaggi magri: il contenuto di grassi è inferiore al 20%.
– formaggi semigrassi: la percentuale sale tra il 20% e il 35%.
– formaggi grassi: il contenuto lipidico è superiore al 35%.
7) PERIODO DI STAGIONATURA
– formaggi freschi: devono essere consumati entro pochi giorni dalla produzione.
– formaggi a breve stagionatura: la maturazione avviene entro 1 mese.
– formaggi a media stagionatura: il periodo di affinamento generalmente avviene tra 1 e 6 mesi.
– formaggi a lunga stagionatura: la maturazione si protrae oltre i 6 mesi.
8) TIPO DI CROSTA
– senza crosta: la crosta è assente nei formaggi freschi pronti per il consumo in tempi brevissimi.
– crosta abbucciata: presentano una sorta di buccia sottile al primo stadio di maturazione.
– crosta pulita: viene raschiata e spazzolata per alcuni formaggi a medio-lunga stagionatura.
– crosta lavata: viene periodicamente spugnata con acqua e sale rendendola appiccicosa e molle.
– crosta fiorita: è ricoperta da uno strato biancastro composto da muffe commestibili.
– crosta trattata: viene conciata con uno strato di olio o cappata con vinili, paraffina o aromatizzanti.
Qualunque sia la tipologia di formaggio che avete acquistato, ricordatevi che per poterlo degustare al meglio va consumato a temperatura ambiente intorno ai 18-20°C, pertanto nel caso in cui l’abbiate riposto in frigorifero ricordatevi di toglierlo con largo anticipo prima di servirlo!